venerdì 29 gennaio 2010

VERDEBRI'

(Fiaba di Luigi Bologna)

A Verdebrì, nel lontano paese di Mirlandia, il controllore Fileno si fermava sempre malvolentieri, perché la stazione era grigia, con le pareti piene di muffa e il tetto con larghe lastre di eternit. Sui davanzali c’erano dei vasi che dovevano essere di terracotta, ma che, ormai, erano diventati anch’essi tutti grigi, come se fossero di cemento. Quasi mai nessuno saliva. Al macchinista più volte aveva chiesto se poteva evitare di fermarsi in quella stazione, che gli destava sempre una profonda malinconia. Quel giorno, però, stava accadendo qualcosa di particolare che attirò la sua attenzione: un uomo di piccole dimensioni, o, meglio, un nano vero e proprio, vestito tutto di nero, con un cappello a strisce rosse,usciva dalla porta della stazione e si stava avviando a salire sul treno insieme ad una moltitudine di altri nanetti che indossavano abiti dei più svariati colori. Fileno, con la sua borsa in pelle scura e la pinza per forare i biglietti, subito pensò che si trattasse della troupe di un qualche circo venuta chissà da dove; poi, però, pensando che non esistono circhi di soli nani, si rese conto che i nanetti dovevano avere un’altra provenienza. Si avvicinò al nano capogruppo, che aveva occupato con gli altri l’intero scompartimento: - Biglietti, per favore! - Coza zono bilieti?, disse il capo con uno stranissimo accento. Fileno, accorgendosi che quelli non erano a conoscenza delle regole più elementari di vita civile, disse con tono solenne: - Voi siete saliti sul treno che vi porta in un’altra stazione; il treno, per fare questo servizio, costa molto e il costo viene pagato con i soldi dei biglietti dei viaggiatori. - Ma noi non abiamo bilieti e nianche zoldi! Noi veniamo dal bosco Verdebrì, il regno dei nani e dei passeri, e non abiamo mai avuto bizogno di soldi, perché troviamo già tuto, per manciare e per bere. Però, da qualche tempo, tuto è diventato crìcio: gli alberi, l’erba e anche il cielo, ormai zono zparìti gli ucelli e il cielo è zempre pieno di nuvole. Per questo abbiamo prezo il treno. - Perché? Volete trasferirvi in un altro bosco?, chiese sempre più incuriosito Fileno. - No, no; Zocrates, il vecchio zàccio della nostra tribù, ci manda a cercare l’antidoto per quezto male dal vecchio zaccio nano del colle Chizzamai e il treno pàzza proprio per quel pozto. - Cosa, cosa?, disse Fileno strabuzzando gli occhi sempre più incredulo. Anch’io da tempo vedo che il paese di Verdebrì è molto malato, tanto che avevo proposto al macchinista di non fermarci più in quella stazione, perché fa tanta tristezza. - Se sei d’acordo, replicò immediatamente Edolo, il capo dei nanetti, pozziamo fare un patto: tu ci lasci viaciàre senza bilieto e noi guariamo Verdebrì dalla sua malattia. Fileno rimase per un po’ in silenzio; mai fino ad allora aveva mancato al suo dovere di controllare i biglietti e di elevare contravvenzioni. Ora però si prospettava una situazione ben diversa: poteva contribuire a risolvere il grave problema di Verdebrì, anche se non riusciva a capire come i nanetti avrebbero potuto fare. -Bene, bene, disse, affare fatto. Io chiudo tutti e due gli occhi, ma voi dovete portare a termine la missione e promettermi che oltre al bosco, anche la stazione cambierà aspetto. E fu così che la tribù dei nanetti, senza testimoni, perché, tranne loro, sul treno anche quel giorno non c’era nessuno, scese alla stazione di Chizzamai, dopo aver salutato con profondi inchini il controllore Fileno.

Giunto col suo sèguito alla grotta del Vecchio Saggio del colle, Fileno fece un inchino di saluto e chiese al Vecchio l’antidoto. - Io non sono un mago, rispose il Vecchio, né faccio miracoli. Sono qui da anni e anni sempre in meditazione a contatto con tutti gli esseri della natura. - Quindi non puoi risolverci il problema del nostro bosco Verdebrì ormai diventato del tutto inospitale? Il nostro vecchio Zocratez ci ha detto che tu potevi procurarci l’antidoto per far tornare il bosco luzzurecciante e pieno di vita com'era prima! Si è dunque zbagliato? - Socrates? Sono a lui legato da un’amicizia antichissima. Così v’ha detto? E’ il solito spiritoso amante dell’ironia. Io non posso proprio far niente, a meno che…. - a meno che…? - … a meno che non intendesse dire che io posso … - ... a meno che non intendesse dire che io posso ... provare a tirar fuori dal cassetto le bacchetta magica. - Zì, zì, credo che volezze proprio quezto. -Bene, bene; non l’ho mai usata, ma per l’amicizia che mi lega a Socrates, ci proverò. E così il Vecchio Saggio del Colle estrasse la bacchetta e cominciò a pronunciare le parole magiche: - Bac, bic, ... - Ah, dimenticavo... oltre al bozco servirebbe una ziztematina anche alla ztazione della ferrovia di Verdebrì! - Non interrompermi più, soprattutto finché pronuncio la formula magica! Riprendiamo: ...Bac, Bic, Buc, Bubac, Bubic, Bubuc ... vediamo nella sfera se ha funzionato. Verdebrì, mi hai detto, vero? No, è ancora tutto come prima. La formula non ha funzionato, e sai perché? No, non zo proprio. - Dev’essere proprio per questo: la mia bacchetta funziona se i problemi hanno una causa naturale. Ma in questo caso non c’è stata né inondazione, né siccità, né terremoto, ma c’è stato lo zampino dell’uomo e io, così, non posso farci niente. - Ma zei zicuro? Mi zembra impozzibile! Prova ancora. E fu così che il Vecchio Saggio del Colle cambiò la formula magica, alzando la bacchetta: - Bac, Buc, Bic, Bubac, Bubuc, Bubic ... vediamo … Sì, la Natura s’è mossa, ma non da sola. Per risolvere il problema ha chiamato a raccolta tutti i bambini dei dintorni con i loro colori. E fu così che il giorno dopo, quando il macchinista Fileno passò per Verdebrì sgranò gli occhi vedendo la Stazione senza più muffa, dipinta a quadretti verdi e rosa, il tetto senza più lastre di eternit coperto con tegole rosse, i passeri sugli alberi, il bosco tornato verdissimo a splendere ed una frotta di bambini con i pennelli in mano che tornavano cantando alle loro case.

E, lungo il viottolo, Edolo e lo stuolo dei nanetti tornavano cantando alle loro case.

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