L’occupazione di Roma avvenuta cent’anni fa, suscitò fra gli Italiani violenti contrasti e dispute accesissime, che pesarono a lungo nella vita civile e politica della Nazione.
Anche a Legnago la presa di Roma fu causa di lotte e di contese, le quali, talvolta, assunsero toni tanto aspri da mettere in difficoltà il governo stesso del Comune. Già nei giorni antecedenti il 20 settembre 1870 il bisettimanale legnaghese “La Fenice” (attorno al quale si raccoglievano i patrioti legnaghesi di tendenze radicali e fieramente anticlericali), annunciando l’occupazione dell’Agro romano e la resa di Civica Castellana, negava a queste azioni il carattere di spedizione militare e stigmatizzava quei giornali che presentavano un provvedimento di sicurezza pubblica sotto l’aspetto di un’aggressione bellicosa.
Però nello stesso numero, tra le “Recentissime”, nel riferire che l’Autorità pontificia si trovava sotto la pressione delle truppe straniere, il corrispondente soggiungeva che non rimaneva a Cadorna che ottenere lo scopo con la forza. In questo clima di attesa, nell' accavallarsi delle varie notizie, si aspettavano gli sviluppi degli avvenimenti con una comprensibile ansia.
Nel frattempo, in vista di una possibile reazione straniera alle mosse italiane, l’Autorità militare fece rafforzare la guarnigione della Fortezza.
Alla sera del 20 settembre giunse a Legnago la notizia dell’occupazione di Roma e subito si festeggiò l’atteso avvenimento. Furono esposte le bandiere nazionali e fu fatta una straordinaria illuminazione pubblica con i caratteristici fanali a petrolio dell’epoca. Per le vie della città passò un corteo di cittadini esultanti e di autorità. In Piazza Vittorio Emanuele II la banda cittadina tenne un nutrito programma musicale. La Marcia Reale fu suonata tre volte, ma il pubblico presente, la terza volta, reagì con fischi e grida di disapprovazione, seguiti da “Evviva Garibaldi, vogliamo l’Inno”. La banda accondiscese alla richiesta popolare e ritornò la calma nel pubblico. Anche il settecentesco Teatro Sociale-Comunale venne, a cura del Comune, illuminato a giorno. La Giunta comunale, riunitasi d’urgenza nella stessa serata, spedì a Firenze un telegramma di congratulazionio per il Presidente del Consiglio dei Ministri. Tutti questi festeggiamenti furono assai criticati da “La Fenice”, che li definì “un tentativo di dimostrazione ufficiale assai meschino”, pur riconoscendo gli sforzi compiuti dalle Autorità locali. Per il giornale legnaghese non ci furono sufficienti entusiasmo e partecipazione da parte della popolazione avrebbe meritato. La domenica seguente, 25 settembre, a sera, nel salone dell’Albergo Paglia, si riunirono a banchetto circa settanta cittadini per solennizzare “il conquisto” di Roma. Vi furono parecchi brindisi e, fra i soliti di circostanza, ve ne furono anche a Mazzini e Garibaldi.
La data della presa di Roma fu ricordata a lungo a Legnago, negli anni successivi. Nel 1886 fu aperta, nelle mura della Fortezza, la via della Stazione, cui fu dato il nome di Via XX Settembre. Nell’agosto 1890, ricorrendo il ventennale di Porta Pia, fu presentato in Consiglio Comunale dal Partito dell’Unione Liberale Cavour (di tendenza radicale) il testo di una lapide da collocare sull’edificio municipale. L’iscrizione, dettata dall’onorevole Achille Fagiuoli, diceva:
X settembre 1870
All’Italia
Aprivansi le porte di Roma
Il Dritto plebiscitario
Affermato dalla ragione e dalla storia
Ergevasi contro il Dritto divino
Ed illuminava trionfante
La nuova apoteosi
Del genio italico
Legnago
Vent’anni dopo
A ricordo educatore
Tali parole furono ritenute da molti consiglieri offensive dei sentimenti religiosi della popolazione e suscitarono nel Consiglio aspri dissensi. Messa ai voti, contro la volontà della Giunta, l’iscrizione fu approvata con un solo voto di maggioranza. La lapide fu collocata il XX settembre nel Palazzo del Municipio sulla facciata rivolta alla Piazza Vittorio Emanuele. Il Clero e i Cattolici delle Basse Veronesi, che già avevano aspramente lottato contro l’approvazione, organizzarono per lo stesso giorno un comizio di protesta, cui parteciparono circa diecimila persone.
A seguito di ciò, il Sindaco G. B. Giudici e tutta la Giunta si dimisero e con una lettera pubblicata su “L’Arena” spiegarono i motivi della decisione.
La crisi dell’Amministarzione comunale durò fino alle elezioni del 1892, che videro il prevalere della Lista dei “Liberali Moderati” con alla testa G. B. Giudici. Nel frattempo il Comune fu retto dal Commissario Dott. Cav. Francesco Bertoldi. Negli anni seguenti le polemiche tra clericali e anticlericali si sfogarono sui giornali cittadini “L’Amico del Popolo” e il “Risveglio”.
Alberto Bologna
Articolo pubblicato sull’opuscolo “Ferragosto Legnaghese 1970”
Nessun commento:
Posta un commento