Il presente lavoro di ricerca sulla chiesa romanica di San Salvaro di San Pietro di Legnago è stato realizzato da una prima e da una seconda media di San Pietro di Legnago nell'anno scolastico 1988/89. Ritengo utile pubblicarlo sul blog [escludendo le carte topografiche e i grafici dell'indagine] per vari motivi:
- è un lavoro approfondito e ben documentato;
- è oggi pressoché introvabile, in quanto stampato con ciclostile in un limitato numero di copie;
- è un bell’esempio di ottimo lavoro scolastico di ricerca, condotto con intelligenza da un’équipe di insegnanti;
- può essere una utile guida alla visita della chiesa di San Salvaro.
UNA CHIESA E LA SUA STORIA: SAN SALVARO
INDICE
Introduzione
I problemi della fondazione e datazione
Caratteristiche esterne
I materiali e la tecnica di costruzione
Gli uomini che hanno costruito la chiesa
Orientamento
La struttura dell’edificio
Asimmetria della pianta
Suddivisione interna
Sistema di illuminazione
La decorazione dell’interno: produzione pittorica
La decorazione dell’interno: produzione scultorea
PRODUZIONE SCULTOREA
Appoggiati alla parete perimetrale sinistra, vicino alla porta laterale, troviamo due bassorilievi (13): La Samaritana al pozzo
e Gesù e l'adultera.
Su di essi non abbiamo notizie sicure, né sappiamo se appartenessero alla chiesa sin dalla fondazione.
Altrettanto incerta è la provenienza dell'avello (14) in marmo rosso sempre appoggiato alla parete di sinistra (m. 1,17x0,37x0,41).
La parete frontale è ripartita in tre riquadri: quello centrale rappresenta uno stemma nobiliare, quelli laterali un sole raggiante. Questi due ultimi elementi ci inducono a supporre di trovarci di fronte a raffigurazioni di un rito astrale, orientaleggiante, diffusosi verso il IV - V secolo, mentre, al contrario, lo stemma centrale sembra quattrocentesco. Secondo alcuni studiosi proviene da Engazzà di Verona.
La sua destinazione probabilmente era funeraria: forse raccoglieva. date le misure, le spoglie di un bambino o elementi scheletrici sparsi. E' comunque impossibile trarre delle conclusioni: ancora una volta ci troviamo sul terreno scivoloso delle ipotesi.
IL PRESBITERIO
Saliamo ora nella parte superiore della chiesa.
Il presbiterio (15) è notevolmente sopraelevato rispetto alla parte plebana, a simboleggiare il ruolo di prestigio degli ecclesiastici che, all’interno della società medioevale, detenevano gli strumenti della cultura, della scienza, della salvezza. In esso la comunità sacerdotale svolgeva il suo ruolo specifico che consisteva nel pronunciare, a nome di tutti gli uomini, del popolo intero, le parole sacre della preghiera ininterrottamente, scandendo le ore del giorno.
L’età romanica ignorava la preghiera silenziosa, che oggi noi preferiamo, e credeva che Dio fosse più sensibile a quella collettiva pronunciata in un’unica voce, ritmata dalla musica monodica (16) del canto gregoriano.
La lode terrena doveva accordarsi con il coro degli angeli in una corrispondenza continua tra ciò che avveniva in cielo e ciò che avveniva sulla terra.
La mentalità degli uomini dell’epoca restava profondamente legata alla condizione dell’onnipotenza di Dio che può tutto ciò che vuole, che concede ogni cosa se si riesce a pregare nei modi e nelle forme dovute.
Dio Padre rimaneva comunque inaccessibile : lo si pregava soprattutto mediante il Figlio, che nei secoli XII - XIII fu rappresentato nella dimensione umana di sofferente, nel suo ruolo di redentore, di mediatore tra Dio e l’uomo. A lui, spesso, come nel caso nostro, si dedicavano le chiese.
La figura di Cristo dominava e domina in San Salvaro.
Al centro della trave iconostatica (17), dove ora è posto il grande crocefisso del XX secolo, di Antonio Righetti, già dall’origine della chiesa c’era una statua di Cristo. Di essa esiste tuttora la testa, murata nel vano della porta meridionale, come testimonia don Trecca.
La statua si ridusse ai resti attuali frantumandosi a terra.
Senza dubbio anche in epoca moderna è il Cristo al centro dell’episodio della trasfigurazione, opera del veronese Daniele Da Pozzo ultimato nel 1539, che occupa il catino dell’abside centrale.
Dei quindici santi e profeti che assistono alla trasfigurazione, rappresentati in altrettanti medaglioni, ricordiamo quelli più legati alla sensibilità religiosa locale: San Zeno, patrono di Verona; i SS. Fermo e Rustico; S. Toscana,
fondatrice di un ospedale veronese; S. Valeriano in relazione con S. Martino, titolare della Pieve, cioè della chiesa “madre” di Legnago. Non potevano mancare S. Francesco e S. Antonio.
LA CRIPTA
Dalla chiesa trionfante del Presbiterio scendiamo ora nella chiesa purgante della cripta. Essa è la parte più interessante; nel territorio veronese si trova soltanto qui e nella abbazia di San Bonifacio. Corre sotto le tre navate: si tratta di una
complessa ed articolata cripta triabsidata che testimonia un’ottima e raffinata tecnica costruttiva. Per questi motivi è più preziosa in quanto frutto delle abilissime maestranze di cui abbiamo parlato prima.
E’ coperta da volte a crociera ed è divisa in quattro navate da tre pilastri quadrati, sormontati da capitelli cubici con gli angoli smussati, mentre altri semipilastri sono addossati alla parete di fondo, alle pareti laterali e nella parte di terminazione dell’abside. La particolarità di queste volte è di essere tutte impostate su pianta quadrata, salvo quella che precede l’abside maggiore, impostata su una pianta triangolare.
Fiancheggiano l’abside maggiore, sostenendo una calotta a botte, due bellissime colonne scanalate con capitelli corinzi, di origine romana, che probabilmente testimoniano sul luogo la presenza di antichi monumenti.
L’abitudine di attingere ai preesistenti edifici romani come a cave di materiali “riciclabili” è dimostrata dalla presenza di una testa romana in marmo posta nel presbiterio sopra la lapide degli offerenti.
Ma quale funzione aveva la cripta?
Essa ricordava le esperienze di clandestinità sotterranea della chiesa cristiana nascente; la catacomba che accoglieva i sepolcri dei santi, dei benefattori, dei defunti illustri: la custodia delle reliquie dei santi. Una delle sue funzioni principali era di mantenere vivo il rapporto con gli estinti, di favorire la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei defunti. Questi erano di monoto e di esempio.
Non esistono, almeno attualmente, le reliquie di San Salvaro. La devozione popolare medioevale è ben documentata dall’immagine della Madonna della Misericordia: l’influenza della Vergine si ampliò, infatti, durante gli ultimi secolli del medioevo; la Divina Madre fu rappresentata nell’arte in atto di porgere o vezzeggiare il Bambino, di sorridere alle folle adoranti, o, come qui, di accogliere misericordiosa le preghiere dei supplici. Si tratta di un’immagine trecentesca, completamente rifatta nel 1927, riproducendo l’originale. La vergine è in atto di stendere le braccia e di accogliere sotto il suo manto quattro disciplinati, inginocchiati con i flagelli e le croci sotto i suoi piedi. L’affresco non rispetta le proporzioni delle figure.
Veniamo ora a contatto con figure nuove: i “flagellanti o disciplinati”, laici che sfilavano nelle vie delle città percuotendosi con bastoni e verghe, invocando pietà e perdono, devolvendo parte dei loro beni ai poveri, chiedendo la fine della collera divina.
Essi segnano una tappa fondamentale nella vita religiosa popolare che comporta nel XIII secolo una presenza attiva e collettiva delle masse che si organizzano in associazioni di grande diffusione e di grande successo.
Pianta della cripta
A Legnago, infatti, probabilmente verso la metà del Duecento, venne costruita la chiesa della Disciplina. In essa i Disciplinati si radunavano per le loro pratiche religiose. Anche Porto aveva la sua chiesa della Disciplina, forse contemporanea a quella di Legnago. A San Salvaro la confraternita era ospitata nella cripta [e nella casa accanto alla chiesa, oggi restaurata e diventata casa di spiritualità(20) e, per un certo periodo, gestì la chiesa.
La Bassa veronese si dimostra, dunque, polo assai fervido, per nulla periferico quanto a creatività artistica e vitalità religiosa rispetto alla città.
IL RESTAURO
Pianta della chiesa dopo il restauro
Pianta della chiesa prima del restauro
Una singolare figura di curato, storico e architetto, don Giuseppe Trecca si inserisce all’inizio del secolo XX° nella vicenda di San Salvaro dando corso a pesanti rifacimenti e ripristini che ne mutarono in parte la fisionomia, come sostiene la Flores D’Arcais riferendosi, in particolare, al rifacimento del campanile.
Facciata della chiesa dopo il restauro Facciata della chiesa prima del restauro
Egli, constatando lo stato di abbandono in cui versava la chiesa, agì documentando e giustificando il suo operato in un opuscoletto del 1917 “San Salvaro e i suoi restauri”, dove testualmente sostiene:" …le chiese non sono musei e prima che all’arte devono servire al culto e al popolo … né si chiami falsificazione … Rispettiamo tutto ciò che c’era di vecchio: possibile che sia proprio passata l’ora l’ora di aggiungere qualcosa di nuovo? S. Salvaro non è la rivelazione … Né ci pare profanazione o mistificazione”.
Parete larerale a nord prima del restauro Parete laterale a nord dopo il restauro
In passato, dunque, si sosteneva che il restauro migliorasse la situazione di un documento, riportandolo magari allo stato di progetto. Era legittimo, se in fase di costruzione non fosse stato completo, completarlo, cercando di interpretare lo stile e l’idea creativa del progettista.
Oggi invece si domanda ad un ideale intervento di restauro la stabilizzazione dello stato dell’oggetto che eviti o rinvii nel tempo il ricorso all’intervento massicccio: cioè il rifacimento.
In realtà qualsiasi intervento di restauro, anche quello conservativo - preventivo, produce una alterazione dello stato dell’oggetto sul quale esso si verifica.
Don Trecca era però abbastanza sereno, sicuro della bontà della sua opera: d’altra parte la scienza del restauro non era ancora arrivata alla problematizzazione e alle raffinatezze tecnologiche attuali.
Inizò nel 1903, aiutato, in un primo momento, dai ragazzi della scuola elementare, facendo scavare la cripta, interrata nel 1600 perché recava umidità nella parte superiore: probabilmente l’intervento secentesco peggiorò la situazione già precaria.
L’altare addossato all’immagine della Madonna della Misericordia fu riportato al suo posto originario nella nicchia riservata all’offertorio. L’affresco della Vergine riapparve nella sua completezza dopo tre secoli di oblìo e fu ritoccata una prima volta l’anno dopo.
Raccolse l’acqua che trasudava dalle mura nei due rammi dell’acquedotto sotterraneo che scola nel fosso accanto alla strada per Vangadizza. E’ forse questo il labile appiglio sul quale la fantasia popolare ha ricamato la leggenda di un tunnel segreto che doveva condurre, a seconda delle diverse versioni, a Vangadizza, in Bragadina, e di cui si sarebbero serviti perseguitati, prigionieri in fuga, partigiani.
Decise di ripristinare la parte superiore sistemando il tetto in parte rovinato.
Ma, come spesso accade, mancavano i fondi. L’intraprendente sacerdote iniziò un’opera di sensibilizzazione organizzando cori di ragazzi, lotterie: raccolse 716,45 lire. Sostituì le travi con materiale di larice più robusto, all’interno, come risulta dal confronto tra i disegni delle piantine, tolse alcuni altari e risistemò, alzandola, la gradinata che conduce al Presbiterio.
“Atterrò il campanile che ingombrava la facciata e il primo arco internamente”. (Il restauro …p.19). E’ questo l’intervento più drastico. Don Trecca fece demolire la torre campanaria seicentesca che si inseriva nella navata laterale destra.
Nel 1914 sul lato sinistro dell’edificio fece costruire un campanile a fascie bicolori sul modello di quelli veronesi del Duecento. Purtroppo non si era nuovi a questo tipo di intervento massiccio e dirompente: anche la vicina Chiesa di San Zeno di Cerea fu “restaurata” nel 1910 e, in questo lavoro, fu innalzata la navata centrale, diventando così, da facciata a capanna, tipica della zona della Bassa, facciata a salienti (9).
Alla costruzione del campanile è legata un’altra pittoresca leggenda, o, forse, un episodio realmente accaduto ma confuso nella mente dei testimoni quanto ai tempi e alle modalità degli avvenimenti. Si narra che, al fine di reperire denaro per costruire il campanile, don Trecca e alcuni suoi collaboratori dissero di aver trovato nelle campagne di Torretta un coccodrillo. Recintarono un prato, vi rinchiusero un animale in realtà di cartapesta o prestato da qualche museo naturale, e fecero pagare un obolo “pro campanile” a chi, incuriosito, desiderava vederlo, naturalmente da lontano.
Altri sostengono che, per vedere il rettile ritrovato nella cripta, si pagava il contributo di un mattone.
Altri …
Gli episodi sono certo gustosi e divertenti e testimoniano l’ingegnosità e l’inventiva di alcuni … e l’ingenuità di altri.
Anche la facciata fu rimaneggiata “senza traccia e quindi per induzione” mettendo una cornice che pareva “consona”, inserendo la bifora e stringendo la finestra.
I rifacimenti non stravolsero San Salvaro che rimane, con le parole di Flores d’Arcais “il primo esempio nel territorio di un edificio che riveli il lessico romanico maturo”.
GLOSSARIO
(1) NAVATA: spazio interno di una chiesa compreso tra due file longitudinali colonne o pilastri.
(2) ABSIDE: costruzione cava, fornita di volta, a pianta semicircolare, poliginale o varia, posta specialmente nelle chiese cristiane al termine della navata maggiore, odve può contenere il coro, e talvolta di quelle laterali
(3) COTTO: mattone, terracotta
(4) CONCI: pietra squadrata in forma più o meno regolare, in vista del suo impiego in costruzione, specialmente impiegata all’esterno.
(5) MAESTRANZE: complesso di operai che lavorano presso uno stabilimento edilizio, industriale, ecc.
(6) MASTRO: artigiano o artefica esperto.
(7) GHIERA): arco estradossato (di arco o volta che mette in evidenza la superficie cilindrica) di spessore uniforme.
(8) ARCO A TUTTO SESTO: struttura curvilinea, generalmente in muratura, posta a copertura di una porta, una finestra, un ponte; è a tutto sesto o a pieno sesto se la curvatura è una semicirconferenza.
(9) FACCIATA A SALIENTI: è la facciata il cui profilo segue le diverse altezze delle navate interne, tipica delle chiese romaniche e gotiche.
(10) TRANSETTO: nella chiesa cristiana a pianta longitudinale (a croce latina), è la navata disposta trasversalmente all’asse principale della chiesa stessa. Nella chiesa a pianta cruciforme (a croce greca) ha una conformazione analoga a quella del braccio principale all’incrocio con il quale ha luogo uno spazio centrale detto crociera in cui è spasso innestata la cupola.
(11) MONOFORA: finestra con una sola apertura. BIFORA è invece la finestra con due aperture, suddivise per mezzo di un pilastrino o di una colonnina.
(12) ROSONE: vetrata circolare con motivi raggianti, a forma di rosa o ruota e in genere di marmo, posta sopra la porta centrale della facciata delle chiese romaniche e gotiche per illuminarne la navata cntrale.
(13) BASSORILIEVO: rappresentazione scultorea a rilievo in cui le forme sporgono di poco dal piano di fondo.
(14) AVELLO: tomba, sarcofago.
(15) PRESBITERIO: parte della chiesa circostante l’altare maggiore, riservata al clero officiante, sopraelevata di alcuni gradini e recintata da balaustra.
(16) MUSICA MONODICA GREGORIANA: musica senza finalità artistica, con il solo scvopo di unire i fedeli nella preghiera e accentuare così il raccoglimento. Era un canto piano, cioè con note ravvicinate e monodico: cioè i vari componenti del coro cantavano tutti le stesse note; si dice gregoriana perché introdotta da Sdan Gregorio Magno.
(17) TRAVE ICONOSTATICA: tramezzo con immagini e statue che divide il presbiterio dalla navata.
(18) CRIPTA: sotterraneo di una chiesa, spesso adibito a luogo di sepoltura, talora con funzione e architettura di cappella.
(19) CAPITELLO: parte superiore della colonna, o del pilastro, su cui posa l’architrave o l’arco, avente funzione decorativa; il CAPITELLO CORINZIO, in particolare, presenta una colonna scanalata ed è ornato da foglie di acanto.
BIBLIOGRAFIA
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DE ROSA - CESTARO Mito, storia e civiltà, vol 2, Bergamo, 1986.
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DUBY G. L'Europa delle cattedrali, videocassetta ERI, dipartimento Scuola educazione.
FLORES D'ARCAIS F. Per una lettura dell'architettura chiesastica nel territorio veronese tra alto e basso medioevo, pp. 437 - 492, in AA.VV. Chiese e Monumenti nel territorio veronese, Verona, 1981.
RATTAZZI V. - TAMMARO Allegro vivo, Torino, 1986.
SANDRINI RENATO S. Salvaro e il suo territorio, Legnago.
TRECCA G. S. Salvaro di San Pietro di Legnago e i suoi restauri, Legnago, 1907.
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