LA BASILICA DI SAN ZENO: L'ESTERNO
E' un capolavoro dell'architettura romanica. In origine era un'abbazia benedettina.
A sinistra della facciata si leva l'imponente torre merlata con il chiostro e i resti dell'antico monastero
soppresso nel 1773.
A destra svetta il campanile, alto 72 metri, iniziato nel 1075 e ultimato nel secolo successivo, caratterizzato dall'alternanza di fasce in mattoni e tufo tipica del romanico veronese.
La piazza è da secoli teatro del "Bacanal del Gnoco", antica festa popolare ancora oggi rievocata l'ultimo venerdì di carnevale. L'attuale edificio risale al XII secolo e corrisponde alla terza fase costruttiva della basilica.
E' molto probabile che esistesse in epoca paleocristiana (IV-V secolo) un sacello edificato sulla tomba di San Zeno. Il sacello fu poi sostituito, per volontà di Pipino, figlio di Carlo Magno, dal monastero benedettino all'inizio del IX secolo.
La chiesa fu radicalmente ricostruita nelle attuali forme romaniche dopo il terribile terremoto del 1117.
La facciata in tufo veronese ha due spioventi e si conclude con un timpano. Due lesene a sezione triangolare segnano la divisione interna tra la navata centrale e le laterali, mentre tutta la superficie è scandita da numerose lesene minori, archetti e bifore.
Fulcro compositivo della facciata è il grande rosone
raggiato , chiamato "ruota della fortuna" e realizzato dal maestro Brioloto, che è il progettista dell'intera facciata. Il rosone, opera di Brioloto de Balneo, è decorato da sei statue che raffigurano le alterne fasi della vita umana, ovvero della Fortuna (nel senso latino di "destino") e per questo è conosciuta come "Ruota della Fortuna".
Il rosone è diviso in dodici settori da altrettante paia di colonnette di marmo rosso a fusto esagonale, ornate da capitelli a foglie e a figure animalesche.
Al centro vi è un cerchio, internamente aperto e coronato di dodici lobi, mentre altrettanti lobi maggiori collegano i capitelli.
Esternamente è circondato da una ghiera a tre gradini in marmo, terminante in una cornice in pietra che serve da raccordo col piano delle lesene.
Nell'ultimo gradino in marmo si trovano disposte sei figure scolpite in marmo greco rappresentanti i mutamenti del destino dovuti alla Fortuna: le due centrali, in alto e in basso, rappresentano rispettivamente i momenti della maggior fortuna e del suo massimo abbandono, mentre quelle laterali i passaggi intermedi, ovvero a destra il passaggio dalla felicità alla miseria e a sinistra il ritorno allo stato di fortuna.
Sul mozzo della Ruota gira una scritta che spiega il concetto simbolico:
En ego fortuna moderor mortalibus una, Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono Induo nudatos, denudo veste paratos. In me confidit si quis, derisus abibit. »
« Ecco, solo io Fortuna, governo i mortali; elevo, depongo, dono a tutti i beni ed i mali; vesto chi è nudo, spoglio chi è vestito. Se qualcuno confida in me, se ne andrà deriso »
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