domenica 23 maggio 2010

La discarica degli angeli

Ho appena finito di leggere, tutto d'un fiato il romanzo opera prima di Mario Bonfante, amico ed architetto di Villa Bartolomea che, dal 2001, ha deciso di "dare una svolta alla propria vita, dedicandosi a ciò che più ama: scrivere, leggere, fotografare e vivere a contatto con la natura" (dal risvolto di copertina) .
Innanzi tutto vi invito al leggerlo.
Per me è stata una sorpresa graditissima: ho incontrato uno scrittore maturo che ha saputo realizzare con l'arte della parola un meraviglioso mosaico.
Protagonisti del romanzo sono gli ultimi, i "relitti" della società, visti attraverso gli occhi di Bruno, il custode della discarica comunale di un paese della Bassa; personaggi che, via via, mostrano di essere ricchi di sentimenti, di valori. Ultimi sì, ma non vinti. Attraverso vicende di emerginazione, di violenza, di dolore, risulteranno vincitori, perché portatori di valori che nella società si sono perduti.
Il romanzo è narrato in prima persona e questa scelta stilistica ha dato all'autore la possibilità di seguire il filo, solo apparentemente disordinato, del pensiero. In realtà  attraverso il pensiero si dipana un'umanità multiforme, a volte violenta, a volte dolcissima, sempre "strana" agli occhi di chi si condidera "normale", ma sempre aperta a chi agisce con spontaneità e libertà.
I personaggi, per alcuni dei quali si è ispirato a "tipi" ben conosciuti nella Bassa, sono persone a cui manca o a cui è stato sottratto con la violenza qualcosa. Sia di fisico che di psichico. Personaggi che talora la vita con le sue crudezze ed ingiustizie ha "costretto" a diventare bestemmiatori, che non si capacitano di come Dio possa permettere ingiustizie  e crudeltà da parte di suoi ministri, ma che " un'idea di religione, un'idea di fede" ce l'hanno.
Persone che sono in perfetta sintonia con la natura, infischiandosene del giudizio superficiale della gente.
Tutti i personaggi, in vario modo, sono dei "rottami" umani: uno, il narratore, uscito dal manicomio criminale; l'altro che non parla, si veste da donna e vive coi cani; l'altro compone quadri stranissimi con colle e rottami; l'altra  fa la prostituta,... Ma tuttti subiscono un'evoluzione che consente di ricomporre questi rottami in un'unità superiore, che è quella della solidarietà, della ricerca di sè, della simbiosi con la natura e del proprio valore.
E per quasi 200 pagine il romanzo non ha cadute, neppur minime, di tono. Al di sotto di un'apparente semplicità di linguaggio, si nota una profonda ricerca di caratterizzazione linguistica.
Per il momento mi fermo qui, ma mi riprometto, fra qualche settimana, di fare un'analisi più puntuale de "La discarica degli angeli", un libro che, oltre alla bellezza intrinseca, lascia un profondo messaggio non retorico né costruito; una lezione, insomma, di grande umanità e un richiamo poetico alle ragioni della convivenza tra e con diversi.









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