mercoledì 23 giugno 2010

CENTROSINISTRA SPACCATO IN TRE (ANZI, IN DUE)

I fatti (da l'Arena del 13 giugno 2010, S.N.)
Il nodo delle tensioni che da qualche mese agitano il centrosinistra legnaghese è arrivato al pettine. E - alla luce di una convivenza consiliare divenuta sempre più difficile a causa degli "assoli" del capogruppo Damiano Ambrosini maldigeriti soprattutto in casa di quel Pd di cui il cardinale non ha ancora rinnovato la tessera - la compagine finita un anno fa all'opposizione è prossima al divorzio. Con l'intenzione di dar vita in Consiglio a tre distinti gruppi in rappresentanza delle altrettante liste che alle amministrative avevano sostenuto la candidatura a sindaco di Ambrosini bocciata poi dagli elettori:"La Rosa", "Liberinsieme"e "Legnago al centro", appena evoluto in movimento da laboratorio politico elettorale.
A spianare la strada ad una separazione consensuale... è la risoluzione votata il 31 maggio dall'esecutivo del Pd. Il quale ha stabilito "di valutare la possibilità di costituire un gruppo autonomo delegando i tre consiglieri tesserati (Silvio Gandini, Claudio Marconi e Tommaso Casari eletti tutti con La Rosa) a stabilirne tempi e modalità".

Commento
La decisione di oggi di arrivare alla separazione dei tre gruppi è -secondo me-  il frutto inevitabile di una serie di gravi errori politici compiuti nel periodo che ha preceduto le elezioni dello scorso anno e che avevano portato alla sconfitta elettorale del centrosinistra.
E' necessaria qualche premessa per capire la complessa vicenda, ma è opportuno cercare di analizzare in profondità una serie di problemi.
 Per 10 anni, dal 1999 al 2009, Legnago è stata amministrata senza alcuna interruzione, e senza particolari scossoni, dal gruppo della Rosa, una lista civica di orientamento di centrosinistra della quale facevano parte alcuni iscritti alla Margherita, altri ai DS  ed altri non iscritti ad alcun partito.
Come ha potuto la Rosa reggere così a lungo il Comune,  trovando  il consenso di una larga parte della popolazione legnaghese?
Grazie al metodo, chiarissimo e semplice, adottato fin dall'inizio dal gruppo, unico, della Rosa: tutte le linee amministrative e le decisioni venivano prese per accordo esplicito di tutti, dal gruppo formato dai consiglieri comunali e dagli assessori che, una volta alla settimana, si riunivano per discutere e decidere. Le segreterie dei partiti non potevano intervenire se non attraverso i consiglieri o gli assessori che, a titolo personale, esprimevano le loro idee. Alla fine della discussione si decideva insieme e, se necessario, si arrivava a votare. Tutti, poi, portavano avanti le decisioni adottate.
In dieci anni ci sono stati due momenti in cui l'intrusione dei Ds aveva creato tensione. Ma sempre, con fermezza, si era fatto rispettare (e in ciò il sindaco Gandini aveva avuto un ruolo importante) il metodo descritto.

Come mai allora -si dirà- se La Rosa aveva funzionato così bene, non si è voluto proseguire sulla stessa via anche nel 2009?
Perché, tra il 2008 e il 2009, è prevalsa l'opinione -secondo me completamente sbagliata- che le liste civiche avessero fatto il loro tempo e che i partiti politici dovessero riappropriarsi dei loro spazi.
E ciò, sia da parte degli ex Pd (che avevano in Marconi il punto di riferimento e che avevano dato vita in vista delle elezioni al  movimento "Liberinsieme") sia da parte dell'ex Margherita (che aveva il principale esponente in Damiano Ambrosini che aveva voluto dar vita prima delle elezioni al gruppo "Legnago al centro").
In tal modo "La Rosa", presentatasi insieme alle altre due formazioni alle elezioni, è stata completamente svuotata di significato. Infatti La Rosa non era più l'unico contenitore per tutti, in cui tutte le decisioni venivano prese all'interno di tale gruppo, ma era un gruppo accanto agli altri, e sarebbe stato succube delle decisioni prese a livello politico fuori dal gruppo, nelle segreterie dei partiti o dei movimenti. Ambrosini, invece di proseguire con le modalità precedenti, ha fortemente voluto (se non imposto) questa soluzione.
La prima conseguenza  di tale scelta è stata la presentazione di tre liste, anziché  soltanto (come era avvenuto sia nel 1999 sia nel 2004) di  quella della Rosa. Con l'ovvio disorientamento da parte dell'elettorato che si chiedeva: ma allora non è più lo stesso gruppo di prima? Cos'è successo? Ci sono state spaccature? Sono diventati tre partiti politici?
 E, a mio giudizio, ciò ha avuto negative ripercussioni  anche sul  voto degli elettori, ai quali non risultava più evidente la continuità con le due esperienze amministrative precedenti ed è stata una delle cause della sconfitta elettorale ( sulle altre cause tornerò a parlare in altri post).
La seconda conseguenza è la spaccatura alla quale stiamo assistendo in questi giorni: il gruppo della Rosa, come ho cercato di dimostrare, dal momento in cui le sono state affiancate altre due liste, ha perso la ragione di esistere in quanto "contenitore unico"; di fatto la spaccatura è tra due gruppi, quello capitanato da Ambrosini e quello che fa riferimento al Pd.
La separazione che si profila in Consiglio  non fa che favorire la Giunta leghista di Legnago e preparare il terreno anche per future sconfitte politiche alle prossime elezioni amministrative.

Claudio Marconi sostiene, nell'articolo sopra citato, che "è inutile ed autolesionistico continuare a nascondere la testa sotto la sabbia negando che la scelta iniziale [di mantenere un unico gruppo consiliare, n.d.r.] non ha più senso e che ognuno sente l'esigenza di riappropriarsi della propria identità".
Ma perché si deve sempre chiudersi a riccio e invocare a gran voce "la propria identità"? Quale identità? Perché invece non misurarsi sulle analisi, sui progetti per il presente ed il futuro di Legnago, lasciando perdere le "appartenenze"?
Nemmeno la risposta di Ambrosini: "La questione della divisione non è all'ordine del giorno ma se qualcuno, come sembra [il Pd, n.d.r.] la porrà, ne discuteremo serenamente [traduzione: "siamo pronti a trarne le conseguenze, dividendoci"] lascia tranquilli. Dal momento in cui Ambrosini ha dato vita al "movimento politico da laboratorio elettorale" di Legnago al Centro  si è già messo fuori da una visione unitaria ed è ovviamente disponibile e deciso di andare avanti da solo.
Vocazione al suicidio politico, come a livello nazionale? O calcoli personalistici per garantirsi la candidatura a sindaco per le prossime amministrative? O tutte e due le cose?








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3 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

Vorrei porre all'attenzione un caso che si verifica con il nuovo anno scolastico a Terranegra e a San Pietro: due classi che vengono unite a formare un unica classe da 29 alunni. Io chiedo: si può? Dopo tutto quello che si è fatto per Vigo, adesso non si fa niente per loro. E' indecente che 29 alunni siano per tutto l'anno dentro una classe tutti assieme e che un unica maestra deva badare a tutti. Ora però non ci sono più le elezioni a smuovere la destra o la sinistra che a Vigo mi ricordo si sono mosse insieme. Grazie dell' attenzione.

Marco Caregaro ha detto...

L'articolo del 23 giugno: "Centrosinistra spaccato in tre (anzi, in due) merita alcune considerazioni che farò qui di seguito.
Primo: essendo io uno dei membri dell'Esecutivo del PD legnaghese, il 31 maggio ho votato anch'io a favore della risoluzione (che è stata approvata all'unanimità) a cui si fa riferimento nell'articolo. In realtà, con quella risoluzione non si è deciso di arrivare alla separazione del gruppo consiliare ma si è semplicemente stabilito, come è correttamente riportato nella prima parte dell'articolo, che i tre consiglieri comunali tesserati "valutino la possibilità di costituire un gruppo autonomo, stabilendone (eventualmente) tempi e modalità".
Quella risoluzione conteneva anche un secondo elemento (non segnalato nell'articolo): su mia proposta, condivisa naturalmente anche da molti altri membri dell'Esecutivo, si è stabilito che tale valutazione (di costituire eventualmente un gruppo autonomo) dovesse essere fatta dai consiglieri comunali in sede di riunione del Gruppo Consiliare (quindi non nell'Esecutivo e non in assemblea PD), proprio per chiarire il carattere autonomo dei consiglieri comunali che sono stati eletti nella lista civica "La Rosa", rispetto al PD.
Terza considerazione: segnalo che lunedì 21 giugno, in sede di assemblea degli iscritti PD è stata approvata una mozione (con 21 voti favorevoli, 4 astenuti e nessun voto contrario) che aveva l'obiettivo (dichiarato) di rafforzare quanto era stato stabilito 20giorni prima dall'Esecutivo. Detto questo, sono convinto che a questo punto devono essere solo i consiglieri comunali che, mettendosi d'accordo tra loro, devono decidere quale strada prendere (mantenimento del gruppo unitario o creazione del gruppo autonomo). Da parte del Pd credo che, a questo punto, non si possa fare niente di più di quello che è stato fatto fino a questo momento.
Infine, concordo pienamente con la tesi che la lista civica "La Rosa" sia stata "completamente svuotata di significato", e allora mi chiedo: che senso avrebbe continuare a essere un gruppo civico in Consiglio Comunale? Non sarebbe meglio, quindi, formare il gruppo del PD?

Marco Caregaro

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