Ho letto "La messa dell'uomo disarmato". E' un bellissimo libro, che merita di essere annoverato tra i capolavori del '900. Non riesco a rendermi conto di come un libro così importante possa essere conosciuto da un numero relativamente basso di lettori. Io stesso non ne conoscevo l'esistenza; è stato mio figlio ad indicarmelo.
Il libro è scritto magistralmente: non ci sono cadute di tono o di stile. L'autore sa condurre la narrazione usando alla perfezione modalità diverse (terza o prima persona; linguaggio colloquiale o filosofico o evocativo a seconda delle esigenze; sintassi classica, elaborata nella sua essenzialità; trama e intreccio sempre avvincenti). C'è un equilibio circolare tra le parti del romanzo ( prima della guerra partigiana; la guerra partigiana; dopo la guerra partigiana). Le tematiche (il senso della vita e della morte; le relazioni tra gli uomini; la relazione tra l'uomo e Dio; il significato della parola e della fede; i sentimenti profondi: amore, odio, fratellanza, superamento delle differenze di censo e di classe, ecc) scaturiscono naturalmente, senza interventi esterni dell'A., dalle vicende e dai personaggi.
Dalla lettura de "La messa dell'uomo disarmato" si esce diversi: più conciliati con la vita e le sue difficoltà e amarezze e più disponibili ad ascoltare gli altri.
La messa dell'uomo disarmato | ||
Un romanzo sulla Resistenza | ||
Primavera del 1940: Franco lascia il monastero benedettino in cui era novizio e torna alla cascina dei genitori, La Campanella. Ha deciso: farà il contadino. L’Italia entra in guerra e Piero, suo fratello, è inviato come ufficiale medico in Grecia. Rientrerà pochi mesi dopo con i piedi semicongelati mentre altri giovani partiranno per la campagna di Russia. Franco è voce narrante di una vicenda corale, che fa perno sulla Campanella per includere la vita dell’intero paese – mai nominato ma collocato nella piana padana – un concentrato microcosmico dell’Italia rurale di allora: i contadini e gli ambulanti, le operaie della filanda, un misterioso professore in odore di socialismo, il maresciallo dei carabinieri, il segretario del fascio, l’arciprete. L’8 settembre 1943 segna un momento di svolta nella vita di tutti: l’occupazione nazista spinge a compiere delle scelte, per alcuni radicali. Sullo sfondo di una potente “poetica della terra”, si impone il racconto della lotta di Resistenza, sulle montagne, di diverse bande partigiane: la storia di Lupo e di Balilla, di Piero e di Rondine, del Capitano e di Stalino, di Sbrinz. I resistenti trovano sostegno pratico e spirituale nei monaci del monastero in cui Franco è stato novizio: Dom Benedetto segue in montagna le bande, disarmato, abitato da dubbi laceranti ma ancor più da un urgente sentimento di fraternità; l’Abate mette a repentaglio la vita per proteggere i partigiani che gli si sono affidati. Anche Franco, e con lui quanti sono rimasti alla Campanella e nel paese, fanno la loro parte: la Grande Storia si chiude nella piccola storia. Il racconto, scandito dalle stagioni della terra, si avvia al termine seguendo negli anni la vita dei protagonisti fino a quando il senso di avvenimenti tanto grandi sarà finalmente a loro chiaro. La messa dell’uomo disarmato è un romanzo di altissimo valore letterario e civile, in cui batte qualcosa che interroga la nostra più sincera umanità. La storia di questo libro Circolato in edizione autoprodotta e autofinanziata tra il 1989 e il 1995, questo romanzo è già stato a suo modo un best seller, al di fuori del consueto mercato librario, diffondendosi “di mano in mano, da amicizia ad amicizia”. L’editore Sironi si è imbattuto in quest’opera straordinaria e in Luisito Bianchi. Ne è nata una reciproca elezione, grazie alla quale il romanzo viene ora reso disponibile a un più vasto pubblico. |
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