martedì 9 novembre 2010

Qualche riflessione sul dissesto territoriale del Nord Est

I recenti, drammatici episodi delle province di Verona, Vicenza e Padova ci devono far riflettere per trovare delle soluzioni che invertano le attuali tendenze. Non mi soffermo sugli aspetti più generali, di cui si parla in tutti gli organi di informazione, ma prendo in esame solo alcuni particolari. Tutto il territorio del Nord Est negli ultimi decenni ha subìto, da un lato, violenze  continue (cementificazione eccessiva, invasione di capannoni industriali costruiti spesso non da chi li utilizzzava, ma da investitori o società immobiliari e poi, magari rimasti vuoti in grande quantità; mancanza di previsione per decenni di sistemi per la raccolta e lo smaltimento delle acque in caso di piogge torrenziali o esondazioni; disboscamento; ecc.); dall'altro è mancata la presenza di un'Autorità che presidiasse con serietà, costanza e strumenti di legge il territorio. La difesa del territorio non può essere lasciata ai singoli comuni, come di fatto, si è verificato, perché inevitabilmente (o quasi) prevale la logica dell'interesse  economico immediato, non necessariamente illegale, ma sicuramente senza visione d'insieme. La Regione, che ha avuto il compito di vagliare le programmazioni territoriali dei vari comuni, non è stata spesso in grado, nonostante l'impegno e la bravura di singoli funzionari e commissari, di difendere il territorio. Perché? O perché i vari organismi sono troppo pieni di "politici"(uomini di partito) o di nomina politica (che rispondono quindi più  ai desiderata dei politici dai quali sono stati nominati che all'esigenza della difesa delle leggi e del territorio) o perché questi organismi si sono sempre più burocratizzati. Basti pensare che tali organismi sono composti spesso da decine di persone e spesso non riescono a decidere perché non si raggiunge nemmeno il numero legale; figuriamoci se così si riesce a governare la grande mole di lavoro necessaria solo all'analisi delle proposte dei vari comuni. Ma  la situazione non cambierà nemmeno quando la competenza in questo settore passerà dalla Regione alle Province. Anzi, la situazione peggiorerà di sicuro, perché quanto più l'organismo di controllo è "vicino" ai comuni, tanto più forte è la pressione politica (dietro la quale ci sono grandi interessi economici e speculativi).                                                                                                                       Che fare, allora?                                                                                A mio parere è necessario ridare potere effettivo e mezzi ad Istituzioni quali il Genio Civile, la cui presenza attiva negli ultimi decenni si è sempre più affievolita; ridurre drasticamente il numero dei componenti delle varie commissioni che devono dare pareri obbligatori e vincolanti, eliminando le presenze di nomina politica (devono essere tecnici di provata competenza); non passare competenze alle province, che vanno solo abolite; eliminare i conflitti derivanti da competenze spesso poco chiare: per fare un esempio, perché i ponti sull'Adige non hanno un'unica autorità di riferimento per quanto riguarda il controllo della sicurezza e la gestione delle manutenzioni? Inoltre è tempo di fermare d'autorità il consumo di territorio: che senso ha, per esempio il consumo di una parte consistente della pianura veronese, al confine con Mantova, per la costruzione di un autodromo (che è in realtà la "copertura" per un'azione speculativa di decine o centinaia di milioni di euro in nuove costruzioni commerciali o private) se non quello di un grande affare immobiliare? 

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