mercoledì 26 dicembre 2012

"SOLIDARIETà EUROPEA"

 Riporto, dal blog di Paolo Longhi, lo scritto "provocatorio"di Paolo Cecco, perché ritengo che meriti di essere discusso:


Secondo cinque illustri componenti del Premio Nobel per la Pace 2012 (Finlandia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Svezia), gli emiliani non hanno il diritto di ricevere danari da impiegare per il "Fondo di solidarietà"destinati al terremoto che ha colpito la regione emiliana nello scorso maggio. i "Magnifici Cinque", infatti, hanno posto il loro veto allo sblocco dello stanziamento del Fondo e hanno espresso anche parere contrario agli aumenti di bilancio chiesti dall'Unione Europea per il biennio 2012-2013. Insomma colpa degli emiliani se hanno avuto il terremoto. e sia inteso, i cinque saggi hanno terribilmente ragione! Certo, sacrosanta ragione perché hanno evidenziato, una volta per tutte che l'Europa, pardon l'Unione Europea è un Leviatano hobbesiano, una finzione: non esiste un popolo politico e culturale europeo, né una sensibilità europea. Siamo seri, per una volta! l'Europa è stata unita nella sua lunga storia solo dalle guerre, dai soprusi, dalle invidie dalle morti, dal sangue e dalle distruzioni.
Una cinquantina di anni fa il teologo belga Joseph Comblin si prese la briga di voler contare tutte le guerre che c’erano stare in Europa negli ultimi duemila anni. Ne trovò 286. In media una guerra ogni sette anni. Cosa ci sorprendiamo, allora, se i crucchi o gli inglesi fanno spallucce nei confronti delle nostre tragedie e dei nostri morti? La balla è aver montianamente, amatamente e prodianamente creduto ad Atlantide, ad Avalon, a Mu a Lemuria… destiamoci dalle fantasie disegnate da massoni, tecnici o  balordi finanzieri e ridiamo spazio, vigore dignità all’unica costruzione sociale e comunitaria che, come dice Ernst Renan:”costituisce l’anima e  il principio spirituale di un popolo”: la Nazione.
Paolo Cecco  
 
 

 Commento:  Non so quanto provocatorie siano le riflessioni di Paolo Cecco. Dalla lettura sembrano molto convinte. Comunque senz'altro provocano la discussione. E questo è il loro aspetto positivo.

Innanzi tutto,  "a un mese e due giorni dal vertice della UE che sembrava destinato a bloccare i fondi per la ricostruzione destinati alle zone colpite dal terremoto dello scorso maggio, arriva il via libera della Commissione Europea ai 670 milioni di euro per Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. 
Il denaro 'liberato' (la maggior parte del quale sarà destinato all'Emilia Romagna) verrà usato tra l'altro per facilitare un immediato ripristino delle infrastrutture scolastiche e sanitarie, per interventi sulle reti idrauliche, elettriche e stradali gravemente danneggiate dal sisma, oltre che per le spese di soccorso e assistenza alle famiglie che hanno perso la propria casa". (Il sole 24 Ore, 11 dicembre 2012)
 Quindi la contrarietà all'erogazione dei fondi per le regioni terremotate di Germania, Gran Bretagna, Olanda, Svezia e Finlandia è stata superata e l'impegno preso da  Commissario europeo Hahn subito dopo la sua visita alle zone terremotate si è positivamente concretizzato. Va anche precisato che questi 670 milioni di euro, finalmente sbloccati, sono la somma più alta mai erogata dall'Europa in casi analoghi a quello italiano. 

Se concludessimo, da ciò, che esiste una perfetta solidarietà tra i popoli europei, oppure che esistesse "un popolo politico e culturale europeo", ragioneremmo, sbagliando, alla stessa maniera - rovesciata - di Paolo Cecco. 
La costruzione di un popolo europeo che sembra essere l'auspicio di Cecco non si costruisce certo chiamando crucchi i tedeschi (anche se non è da approvare il comportamento del governo tedesco sulla questione dei risarcimenti) o richiamando le 286 guerre tra le nazioni europee come se esse stessero a testimoniare senza appello che le cose non possono cambiare neppure oggi o domani. 

Proprio tutte quelle guerre e soprattutto l'ultima disastrosa guerra mondiale ci convincono che la strada da seguire è diversa e va nella direzione della costruzione di un'unità sociale, culturale e politica e non soltanto monetaria, dell'Europa.
E' un'impresa sicuramente lunga e difficile, irta di ostacoli, egoismi da sconfiggere e desideri egemonici duri a morire. Ma è l'unica, a meno che non si voglia rinunciare ad un futuro di pace e di solidarietà.






2 commenti:

Anonimo ha detto...

In primis voglio ringraziare il Professore Bologna per aver dedicato tempo alla lettura del mio scritto ed averLo postato in un blog ben curato e di spessore. Concordo con l’ex Assessore su un punto fondamentale: la “provocazione della discussione” quindi un elegante confronto di idee ed argomentazioni, dovrebbero costituire le Colonne d’Ercole del vivere civico e della dialettica comunitaria. Ahimè, conosciamo fin troppo bene che il più delle volte non è così: a farla da padrona sono gli urlatori sociali, i populismi più beceri o peggio ancora quelle forme stereotipate di relativismo ideologico, pigrizia culturale ed immobilismo morale che ci imbrigliano in una gabbia di pensiero dalla quale poi è difficile trovare una via di fuga che delinei una propria identità ed una specifica autonomia concettuale. Venendo ai fatti in questione, lo scritto, effettivamente, si presentava monco: non avevo riportato gli ultimi avvenimenti, dove la Commissione Europea sbloccava, finalmente, i denari necessari per la ricostruzione delle zone terremotate. Tuttavia, a mio avviso il risultato non cambia: resto fortemente scettico e critico su questa Unione Europea. Quando si forgia una nazione od una comunità di popoli si incomincia dal suo patrimonio culturale, politico, identitario, spirituale addirittura in alcuni casi linguistico; con L’Unione Europea si è partiti dall’economia per giungere alla politica. Più che una comunità politica assomiglia ad un C.d.a. bancario (d’altronde l’europeo dell’anno per il prestigioso Times è un certo Mario Draghi…). ”l’Europa proprio in quest’ora del suo massimo successo, sembra diventata vuota dall’interno, paralizzata in un certo qual senso da una crisi del suo sistema circolatorio, una crisi che mette a rischio la sua vita”. Sono le parole de l’allora Cardinal Joseph Ratzinger (Europa, i suoi fondamenti oggi e domani) che diffida di questo modello orwelliano/eurocratico.

Anonimo ha detto...

Certo non aiutano i recenti episodi di dubbia democraticità nei quali è stato imposto ai popoli (pervenuta dall’alto) la Costituzione europea, sotto il nome di Trattata di Lisbona (un caso su tutti l’affaire del voto irlandese); penso che se ci fosse stato un maggior coinvolgimento dei cittadini ed una più intensiva e trasparente palestra politica l’Unione Europea ne avrebbe guadagnato agli occhi di tutti. Altresì, senza cadere in facili catastrofismi ma per il semplice gusto di conoscere e informarsi a 360 gradi, rimando all’interessante analisi del giornalista Paolo Barnard sulla moneta unica: “Il più grande crimine” o agli spunti offerti da uno dei pochi intellettuali italiani politicamente non accasati: Massimo Fini. Ho soprannominato “crucchi”i teutonici non certo per motivi razzisti (considero il razzismo una delle più patetiche ed ingombranti forme d’ignoranza) ma perché i tedeschi stanno trattando la Grecia, ferendo mortalmente in primis la propria storia e deridendo la propria memoria collettiva: questa Grecia è così barbaramente martoriata che un paragone con la Germania della Repubblica di Weimar (dove un kg di pane nel 1923 costava 399 miliardi di marchi) calza a pennello. “Crucchi” per il cinismo storico e la volgarità del vuoto di memoria che stanno mostrando in questo presente. Il serio rischio (e la mia principale critica) che corre questa Unione Europea sempre più CEE è di aver posto unicamente la tecnica, la finanza, la burocrazia e la mercanzia come baluardi del suo fare. Citando Leopoldo Longanesi:”La manutenzione ha prevalso sulla rivoluzione”, l’ordinaria e burocratica amministrazione di Eurolandia, ha vinto sull’innovazione e sulla promessa di cambiamento come era stata partorita dai Padri fondatori. Il mio richiamo all’idea di “Nazione”, quindi, deve evincersi come un bisogno antropologico di attingere ad un sistema consolidato di riferimenti e di identità per risarcirci dallo spaesamento e dall’insicurezza indotti da questa Eurolandia, dove permane l’assenza di un profilo culturale, politico , spirituale e morale( in questi ultimi casi si capisce il rifiuto delle radici Cristiane). Lo spread, la Bce e le merci prendono il posto dei popoli, delle idee e dei valori (un esempio su tutti: si era messo in discussione il mantenimento in Europa di Atene: culla della cultura europea). Con questo feticista baratto si corre il rischio di un pericoloso riduzionismo del pensiero, dei legami sociali letti ad un unicum economico/utilitaristico. Chiudo ringraziando per lo spazio concesso e per la generosa attenzione prestata. Un sincero augurio di felici festività e di Buon Anno.

Paolo Cecco

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