Il capo dello Stato, infatti, supportato dal Consiglio di Stato, aveva dato ragione ai confinanti del cantiere edile, che avevano segnalato difformità tra quanto riportato nei piani originali avvallati dal municipio e quanto in realtà è stato edificato. I legali dei vicini avevano convinto i giudici che l'intervento edilizio non era da considerarsi una «ristrutturazione», bensì la costruzione di un nuovo fabbricato, diverso da quello precedente, in una zona in cui è vietato l'aumento di qualsiasi volume esistente. Il provvedimento di Napolitano ha portato, come conseguenza diretta, all'ordinanza del Comune di sospensione dei lavori nel cantiere, in attesa di ulteriori provvedimenti. Così la Giunta – assenti giustificati il sindaco Roberto Rettondini, lo stesso Nalin e l'assessore Nicola Negri – è corsa ai ripari e ha incaricato l'avvocato Mario Bertolissi, affiancato dai colleghi Giuseppe Bergonzini e Carlo Mongiat, tutti di Padova, di opporsi all'ordinanza di Napolitano. Il tutto a fronte di un impegno di spesa di 10mila euro.
L'amministrazione ha sottolineato, nella delibera di incarico, che il provvedimento del capo dello Stato «contiene errori su alcuni elementi di fatto». In particolare il parere del Consiglio di Stato riporterebbe, secondo Palazzo de' Stefani, un riferimento sbagliato ad alcuni verbali, redatti dai vigili urbani dopo i sopralluoghi al cantiere. Perciò il Comune ha deciso di impugnare il decreto, nell'unico modo concesso dalla legge, ovvero chiedendo la «revocazione», cioè il ritiro della sentenza stessa. La Giunta ha anche rimarcato che sull'area «è tutt'ora pendente un secondo ricorso», proposto sempre dai vicini, «in merito alle licenze concesse in applicazione del Piano casa regionale». Su quest'ultimo aspetto era già intervenuto Napolitano che, nel decreto contestato, aveva rilevato che «non può attribuirsi al Piano alcun effetto di sanatoria».
Commento:
All'epoca dei fatti contestati Moreno Nalin non era amministratore. Adesso è assessore ai Lavori Pubblici.
Perché in una questione privata che riguarda l'arch. Nalin è intervenuto per impugnare il decreto il Comune con una delibera in cui a carico del Comune stesso c'è la cifra di 10.000 euro?
Perché quei 10.000 euro non li ha pagati di tasca propria l'assessore Nalin, ma tutta la comunità di Legnago?
Non è scandaloso questo fatto?
L'unica cosa che dovrebbe fare l'assessore Nalin (e se non lo fa lui dovrebbero essere i suoi colleghi di giunta a costringerlo a farlo) è di dimettersi e di pagare le spese del ricorso.
Così avrebbe le mani libere per fare lui il ricorso e non farebbe spendere soldi della collettività per una questione privata.
Se la stessa cosa capitata all'arch. Nalin fosse successa a qualsiasi altro tecnico legnaghese, il Comune avrebbe fatto ricorso pagandogli le spese? Credo che nessuno sia disposto a crederlo.
Sono queste (fra le altre) le decisioni imperdonabili di un'amministrazione.
Non se ne può più di amministratori di questo genere.